Pin It

“Indagine onirica sul primo divo della storia del Cinema” è il sottotitolo dello spettacolo che la torinese Tedacà dedica a una figura certamente leggendaria ma della cui breve esistenza - morì a causa di una peritonite fulminante ad appena trentun

anni – poco si conosce. Giunto negli Stati Uniti da Castellaneta, in Puglia, conquistò immediatamente il pubblico – in particolare quello femminile, ovviamente - per la sua innata eleganza, per quella bellezza delicata e quasi femminea che appariva fascinosamente rassicurante. Il “taxi-dancer” ingaggiato da una nobildonna e poi l’attore che conquistò Hollywood, ma anche il dandy che non esitò a sfidare a duello i giornalisti del Chicago Tribune che ne mettevano in dubbio l’onesta e la mascolinità. E, ancora, il marito che, dopo averla molto amata, scambiava lettere infuocate sui quotidiani con la seconda moglie – Natacha Rambova, costumista incontrata sul set – e l’uomo nato in una famiglia modesta incapace di gestire il successo anche economico. La personalità sfaccettata dell’attore italo-americano è ben tratteggiata dal documentatissimo testo di Livio Taddeo, che affida la ricostruzione del variopinto “puzzle Valentino” a una narrazione a più voci – la coppia di migranti che compie con lui la traversata dell’Atlantico, la nobildonna che l’”affitta” e i giornalisti, la seconda moglie e la sceneggiatrice dei suoi film di maggior successo. Pellicole – come I quattro cavalieri dell’Apocalisse, Lo sceicco, Sangue e arena - di cui sono proiettati spezzoni significativi in una messinscena – la regia è di Simone Schinocca – volutamente ibrida e, come il copione, “post-drammatica”. Le voci dei “testimoni” della parabola biografica di Rodolfo Valentino sono affidate a due interpreti nerovestiti e a un musicista, immersi in uno spazio minimalista e anch’esso buio. Parole, immagini e musica: linguaggi eterogenei che coniano, nondimeno, un vocabolario compatto e coerente, contraddistinto da una patina di evanescente surrealtà che non mina, però, la solida consistenza della narrazione biografica, certo appassionata ma mai agiografica. Lo spettacolo, infatti, non cela fragilità e limiti affatto umani dell’uomo e dell’artista Rodolfo Valentino, sforzandosi, invece, di offrirne un ritratto il più possibile realistico. Una ricerca della verità su un nome e un volto divenuti presto leggenda – o, com’è di moda dire oggi, “iconici” – che mira a ridare ad essi carnale consistenza così da potersi anche spiegare la folla fluviale che accompagnò la salma dell’attore da New York a Hollywood – le stupefacenti immagini scorrono sullo schermo in scena. Un obiettivo perseguito con rigore nella ricerca storica ma anche con originale visionarietà: una combinazione di fattori solo all’apparenza antitetici ma la cui somma corrisponde a un’immagine finalmente policroma e tridimensionale, contraddistinta da schietta e imperfetta umanità. 

Testo di Livio Taddeo. Regia di Simone Schinocca. Light & sound design di Florinda Lombardi. Musica dal vivo di Paolo Cipriani / Supershock. Con Marco Musarella e Michela Paleologo. Prod.: Tedacà; con il contributo di MiC – Ministero della Cultura

Visto al Teatro Bellarte di Torino il 12 novembre 2023

Foto di Emanuele Basile