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«Ho lavorato con illustri interpreti e geniali sconosciuti. I miei spettacoli trattano di Storia e Memoria, storia delle donne, eroi perdenti e dimenticati, viaggi nello spazio e nel tempo. Mi è capitato di costruire dal nulla e ricostruire dalle macerie. Mi

sposterò sempre fuori dal centro e fuori dagli schemi»
Nella sua pagina personale, Laura Sicignano, dichiara il suo intento teatrale: è proprio così, guardando i suoi spettacoli. È una regista e un’autrice che mantiene fede a quel che dice e quel che fa, donna di fatti. Nello spettacolo “Kakuma Fishing in the desert”, racconta il dramma dei rifugiati, come testimone attiva, perché lei è andata sul posto, ha visto, ha ascoltato e ha scritto per tutti noi. Kakuma, è il più grande campo profughi del mondo, si trova al confine tra Kenya e Sud Sudan. In questo luogo di polvere e disperazione, ma anche di speranza, vivono circa duecentoventimila persone, sono lì da anni, in attesa di potere essere ricollocati, ma solo l’un per cento riesce ad andare via. Un racconto che procede come un documentario con video e immagini di chi ogni giorno opera nel campo. Irene Serini, in modo pacato, ci mostra, attraverso la parola scenica, la realtà del campo, così come l’ha vissuta Laura durante il suo viaggio. L’elemento di novità nel lavoro teatrale condotto dalla regista, consiste nell’inserimento di un’altra figura che assume un ruolo simbolico, due narrazioni scorrono parallelamente. Il racconto è arricchito poeticamente dalla danzatrice Susannah Iheme: cammina, danza, ci guarda immobile, attraverso il corpo e le espressioni del viso intense e profonde, racconta l’altra realtà. Parola scenica e parola corporea, si intrecciano si scontrano a volte dialogano con gli sguardi. In scena due mondi teatrali (parola e corpo) e due realtà. Possono convivere? Esiste un vero dialogo? Le due interpreti rappresentano anche due mondi geografici e culturali diversi, quello Africano e quello Occidentale. È possibile una narrazione condivisa? Ognuno troverà la sua risposta. Lo spazio teatrale è un non luogo, perché il campo e la sua realtà non potrà mai essere conosciuto fino in fondo: uomini, donne, bambini, la maggioranza al di sotto dei diciotto anni, tutti con storie drammatiche alle spalle. L’intento della regia è anche quello di denunciare la terribile situazione del campo, raccontare lo sforzo di chi lavora nelle associazioni umanitarie, dubbi, paure, l’impotenza di fronte a tanto dolore, il desiderio di fuggire via e quello ritornare. Non esistono risposte che offrono soluzioni, tutto resta sospeso. Il racconto si chiude con le immagini dei cooperanti che l’autrice ha avuto modo di conoscere realmente, mentre la danzatrice ci abbandona poco prima del finale. Ci aveva regalato, un’ultima meravigliosa immagine, lo spettacolo avrebbe potuto concludersi così: lei in piedi su un tavolino con una macchinetta del caffè in mano, braccio proteso verso il pubblico, quasi a chiedere un aiuto, che nessuno può dare. Ma in questo modo la poesia avrebbe prevalso sulla realtà e tutti saremmo andati via convinti che la bellezza salverà il mondo. Laura sceglie la via del teatro civile e ci lascia con le immagini di chi lavora nel campo, come un ulteriore messaggio, c’è bisogno di umanità, c’è bisogno di solidarietà, c’è bisogno di fare…l’indignazione non conduce da nessuna parte.

Milano, Teatro Elfo Puccini, 13 aprile 2024
Kakuma Fishing in the desert
Testo e regia Laura Sicignano; con Irene Serini e Susannah Iheme ; scene e costumi Guido Fiorato; coreografia Ilenia Romano; musiche Uhuru Republic Raffaele Rebaudengo; Filo Q luci, suono, video Luca Serra. Produzione Teatro Nazionale di Genova

Foto di F. Pitto