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Un romanzo assai noto, scritto circa settanta anni fa e ambientato ai nostri giorni. Una “distopia” che, in verità, non faceva che replicare eventi storici realmente avvenuti soltanto pochi decenni prima. Fahrenheit 451, poi, è anche un celebre film di

Truffaut del 1966 ma anche uno spettacolo creato da Luca Ronconi nel 2007. Nel suo ultimo lavoro, però, Sotterraneo non è interessato a mettere in scena un nuovo adattamento teatrale del romanzo di Ray Bradbury, bensì parte da quel testo per ritrarre un quadro tanto amaro quanto, purtroppo, realistico della nostra contemporaneità. Il collettivo toscano – Sara Bonaventura, Claudio Cirri e Daniele Villa – compie un ulteriore passo nel proprio rigoroso cammino di crescita artistica e crea uno spettacolo che un tempo si sarebbe definitivo “necessario” ovvero “politico”, se queste formule non fossero oggi deprivate di sostanza. Eppure Sotterraneo non mira certo a “intrattenere” il pubblico bensì a coinvolgerlo implicitamente in una vera e propria ricognizione critica del presente, restituendo così al medium teatrale la propria originaria funzione, appunto, “politica”. Ecco, allora, che una nuova versione del romanzo di Bradbury non avrebbe oggi molto senso mentre, invece, può avere una pregnanza una riflessione frutto del confronto fra il futuro immaginato dallo scrittore statunitense e l’attualità: in che misura quella distopia si è trasformata in realtà? E in quali forme?
Da qui parte Il fuoco era la cura, costruito accostando situazioni tratte dal romanzo e dalla sua versione cinematografica al presente dello spettacolo – con una quasi brechtiana metateatralità – e a un futuro ucronico, conseguenza dell’effettivo verificarsi di quanto preconizzato da Bradbury. I cinque giovani, e un po’ acerbi, performer in scena sono dunque sé stessi, nel presente come nel futuro 2050, ma anche alcuni dei personaggi del romanzo: il protagonista Montag e la moglie Mildred – che, anziché guardare la tv si nasconde dietro un visore VR –; il capo dei vigili del fuoco Beatty e Clarisse, la ragazza che ama passeggiare la sera da sola e che a un tratto scompare nel nulla; Faber, professore in pensione. A episodi estrapolati dal testo di Bradbury si alternano sipari in cui, su due schermi speculari posti in centro sul fondo del palcoscenico, compaiono affermazioni fra di loro in antitesi: lo schema è mutuato dall’alternativa “pillola rossa/pillola blu” di un’altra distopia quale il celeberrimo Matrix. Come in quel film, d’altronde, una delle questioni di cui si dibatte è proprio cosa sia la realtà: quella dei libri ovvero quella in cui siamo “sensibilmente” inseriti? E anche volendo affermare che quella dei libri sia più reale di quella in cui viviamo, siamo propri sicuri che ciò valga per tutti i testi pubblicati? Non a caso, sugli stessi schermi, all’inizio dello spettacolo, sono proiettati alcuni titoli, assai eterogenei: il generale Vannacci e Kinsella valgono quanto Dostoevskij e Foster Wallace? Sotterraneo, insomma, problematizza la questione, evitando soluzioni manichee e non scansando nessuna delle possibili contraddizioni e aporie della propria argomentazione: sicuramente, almeno sulla carta, la cultura è il migliore antidoto contro la barbarie ma a volte può condurre essa stessa alla barbarie… Nella parte “ucronica” dello spettacolo, dunque, vediamo i cinque performer seduti di fronte al pubblico impegnati a rispondere a ipotetiche domande su quale fosse la loro realtà prima che avvenisse l‘apocalisse descritta da Bradbury: si parla di un progressivo abbandono della lettura, delle “fatwe” virtuali lanciate spensieratamente contro gli scrittori che si tramutano in linciaggi; dei roghi  di libri ognora più frequenti, della perdita di centralità del teatro. Si immaginano test volontari per valutare le conoscenze degli elettori europei con risultati frustranti e, nondimeno, del tutto ininfluenti nel cambio di politica della UE. Si ritrae un 2050 in cui musei e biblioteche sono scomparsi e gli spettacoli teatrali sono stati rimpiazzati da ameni numeri performati da innocui “clown bianchi”… E, mentre sugli schermi appaiono man mano i titoli delle canzoni che accompagnano la messinscena, tutte tratte da opere letterarie, e i cinque performer si passano un libro – La recherche di Proust – si dispiega una narrazione serrata e implacabilmente cupa. Non c’è quell’ironia che, acuta e sempre intellettualmente consapevole, contraddiceva la drammaturgia degli spettacoli precedenti di Sotteraneo: non c’è più spazio per la metafora scaltra e umoristica ci dicono Bonaventura, Cirri e Villa, poiché il nostro presente di superba e folle ignoranza richiede una lucida e implacabile chiarezza.

Creazione di Sotterraneo. Ideazione e regia di Sara Bonaventura, Claudio Cirri, Daniele Villa. Ccrittura di Daniele Villa. Luci di Marco Santambrogio. Abiti di scena di Ettore Lombardi. Suoni di Simone Arganini. Coreografie di Giulio Santolini. Oggetti di scena di Eva Sgrò. Con Flavia Comi, Davide Fasano, Fabio Mascagni, Radu Murarasu, Cristiana Tramparulo. Prod.: Teatro Metastasio di Prato, Sotterraneo, Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale; con il sostegno di Centrale Fies / Passo Nord. Residenze artistiche Centro di Residenza della Toscana (Fondazione Armunia CastiglioncellCapoTrave/Kilowatt Sansepolcro), La Corte Ospitale, Centrale Fies / Passo Nord

Foto di Masiar Pasquali

Visto al Teatro Fabbricone di Prato il 12/04/2024