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In un vigoroso conflitto fra costrizione e pura energia espansiva, la principessa troiana Cassandra di Christa Wolf, con Cecilia Lupoli

e la regia di Carlo Caerciello, ritorna in scena da sabato 20 aprile alle ore 20.30 (in replica fino a domenica 5 maggio) al Teatro Elicantropo di Napoli.
Presentato dallo stesso palcoscenico partenopeo, l’allestimento si avvale delle scene a cura di Andrea Iacopino, le musiche di Paolo Coletta, le luci di Cesare Accetta, il trucco di Vincenzo Cucchiara, la realizzazione del costume di Anna Verde.
Non c’è da stupirsi se leggendo Cassandra, si percepisce un indissolubile intreccio tra passato remoto, passato prossimo e un angoscioso, terrificante presente che rimanda al nostro presente. 
Il racconto allude, infatti, attraverso la funzione sacerdotale e il dono della veggenza, all’arte (e alla responsabilità) dello scrivere oggi, quando l’estetica classica è definitivamente consumata dai sussulti irrazionalistici dei poteri che ci governano e da una ratio che ha generato gli strumenti perché il genere umano si autodistrugga.
Cassandra comincia a vedere tra le finzioni del Palazzo, nei sogni dei suoi familiari e dei suoi concittadini, nei segni che preparano e annunciano la guerra.
Cassandra viene dal passato o dal futuro, testimonia il passato perché in futuro non abbiano a ripetersi gli stessi errori. Ma, forse, il futuro è già tra noi, è il nostro presente e gli errori si stanno già ripetendo. 
E’ prigioniera di Agamennone, di Clitemnestra, del passato, della paura, della veggenza, dei ricordi, della verità, del suo ruolo di testimone. I legami con tutto ciò, le creano tensione e la legano indissolubilmente al suo destino di morte. 
Gli occhi non hanno bisogno di guardare per vedere ciò che solo lei vede. Si dirige in un’unica direzione, perché solo una direzione le è concessa, si dirige verso la sua morte. Gli spettatori, incuriositi, la spiano come la gente di Micene, ignari del fatto che il loro destino è segnato allo stesso modo. 
Le verità di una punk, preoccupano il potere. Le mura di Micene sono come il muro di Berlino est, mentre la storia, che scorre contemporanea, implacabile, scandisce il conto alla rovescia verso la fine. 
La Wolf elabora, dunque, una storia diversa dall’Iliade, un’opera non maschile o eroica ma fatta di vita quotidiana, partendo dalla condizione della donna, in cui Cassandra non ha la funzione di eroina, ma di testimone. 

Cassandra di Christa Wolf
20 aprile ˃ 5 maggio 2024 - Teatro Elicantropo Napoli 
Inizio spettacoli ore 20.30 (dal giovedì al sabato), ore 18.00 (domenica)
Info e prenotazioni 3491925942 (mattina), 081296640 (pomeriggio) web www.teatroelicantropo.com
20 aprile ˃ 5 maggio 2024
Teatro Elicantropo Napoli
(da giovedì a sabato ore 20.30, domenica ore 18.00)

Teatro Elicantropo
presenta

Cassandra
di Christa Wolf

con Cecilia Lupoli

scene Andrea Iacopino
musiche Paolo Coletta
luci Cesare Accetta
costume Anna Verde
consulenza movimenti Dario La Ferla
trucco Vincenzo Cucchiara/acconciatura Team Leo
aiuto regia Aniello Mallardo, assistente regia Mariachiara Falcone
foto di scena Guglielmo Verrienti

regia Carlo Cerciello

Durata 60 minuti

Non c’è da stupirsi se leggendo Cassandra, si percepisce un indissolubile intreccio tra passato remoto, passato prossimo e un angoscioso, terrificante presente che rimanda al nostro presente. 
Il racconto allude infatti, attraverso la funzione sacerdotale e il dono della veggenza, all’arte (e alla responsabilità) dello scrivere oggi, quando l’estetica classica è definitivamente consumata dai sussulti irrazionalistici dei poteri che ci governano e da una ratio che ha generato gli strumenti perché il genere umano si autodistrugga.
Cassandra si articola intorno al nesso veggenza-cecità. Il verbo vedere (sehen) è forse quello che ricorre di più nel lessico che dà forma alla vicenda. Cassandra aspira a uno sguardo e una voce autonomi, al servizio della sua città e di suo padre Priamo. 
Cassandra comincia così a vedere tra le finzioni del Palazzo, nei sogni dei suoi familiari e dei suoi concittadini, nei segni che preparano e annunciano la guerra. E in una sorta di incalzante indagine dentro e fuori della città, si disegna la nuova società che si va affermando. 
Essa è caratterizzata dalla cecità indotta attraverso il recingere, il delimitare e il censurare. È la società dei padri, che contrappone baluardo a baluardo, argine ad argine, muro a muro.
Cassandra si ritrae di fronte a una città che al vedere il vero va sostituendo il vedere la finzione. Sotto la cappa del poliziotto Eumelo, Troia diventa una comunità di ciechi, cittadini che non vedono per comodo e che intanto sono sorvegliati e puniti. Anche la giovane profetessa si scinde tra tendenza alla conformità e necessità di dissonanza. 
Il suo corpo si ammala e una «voce» autonoma comincia a parlare da lei, contro la sua volontà di adeguarsi al Palazzo e contro il Palazzo. Cassandra si trasforma progressivamente in una dissidente. La città ormai «maschile» piega il femminile alle sue modalità di comportamento.
Anche le donne che si ribellano possono farlo solo introiettando i comportamenti maschili e una cultura che conosce solo l’aut-aut, all’occorrenza l’uccidere o il morire. Pentesilea e Clitennestra devono ricorrere al coltello e alla scure, devono desiderare di morire o di uccidere, per poter dar forma al loro dissidio. 
A praticare la «terza via», «Tra uccidere e morire c’è una terza via: vivere», sono le donne della comunità dissidente dello Scamandro, una sorta di “comune” anni ‘70.
Guerra fuori delle mura e repressione dentro le mura vanno di pari passo. Ogni città introietta il proprio nemico. Eumelo il poliziotto e Achille la bestia non sono diversi. E i troiani sono ormai come i greci. La cultura dell’oppressione e della soppressione è ormai dentro di noi.
Anche la vita sessuale e sentimentale di Cassandra è irrimediabilmente scissa. Alla sessualità vissuta col sacerdote Pantoo, Cassandra sovrapporrà continuamente il trasporto sentimentale per Enea, l’assente, l’uomo che è sempre altrove: un modo d’essere maschile che non trova forme, non parole, per manifestarsi. 
Solo gesti fugaci, linguaggi preverbali affiorano in un’epoca che se da un lato produce violenza e distruzione, dall’altro risucchia anche un possibile modo diverso di essere uomini; giacché essa impone – come il brechtiano paese maledetto – di trasformarsi in eroi. Il rapporto tra Cassandra ed Enea affonda nel non detto o nell’accenno o nella frase interrotta o nella crisi convulsa.
Nell’alternarsi di analessi e prolessi, talvolta l’io narrante si sovrappone al personaggio di Cassandra, autore e personaggio si confondono. Alla Wolf interessa scrivere una storia diversa dall’Iliade, un’opera non maschile o eroica, ma fatta di vita quotidiana, partendo dalla condizione della donna. Cassandra non ha, dunque, la funzione di eroina, ma di testimone. 
Forti sono i parallelismi tra la storia dell’autrice e quella del personaggio Cassandra, soprattutto in relazione al potere. Nella difficoltà ad esempio di Cassandra di staccarsi dal palazzo, si riflette quella della Wolf nei confronti dell’ideologia marxista. In Eumelo è facile intravedere la presenza oscura della Stasi e la politica della DDR, nella manipolazione dell’informazione o il sospetto verso chiunque non si allinei, nel controllo poliziesco sulla popolazione. 
Parallelismo tra Eumelo che troverà il suo tornaconto anche dopo la caduta di Troia, con l’unificazione e il riassorbimento della Stasi dai controlli occidentali: la repressione è espressione del potere in generale. Particolarmente e drammaticamente riferito al nostro contemporaneo ci sembra il testo dove dice: a ciò che si ripete continuamente si finisce per credere. 
Netta appare la scissione tra amore sessuale e sentimentale.  La Wolf indaga lo specifico erotico delle donne. Nel diverso rapporto onirico di Cassandra con Enea (figura dell’assenza), la Wolf cerca un altro tipo di approccio con i sentimenti, ed evidenzia l’interazione tra piacere erotico e dipendenza/paura. 
Il rapporto di attrazione e repulsione verso Pantoo attratto dalla subalternità di Cassandra, di cui lei stessa avverte la contraddizione, è collegato alla minaccia come fonte di piacere. Attraverso la figura di Achille si introduce l’interrogativo sulla connessione violenza-virilità-sessualità. 
Nel rapporto tra Cassandra e Polissena c’è uno scontro tra donne (o tra due diversi modelli di donna) apparentemente per il possesso di una carica pubblica, il sacerdozio, ma Cassandra in realtà è gelosa della sorella, perché Polissena è bella e ha molti amanti, dunque, intravede in lei una possibile rivale.
Altro aspetto interessante dell’indagine della Wolf nel mondo femminile che gravita intorno a Cassandra, è il nodo ideologico sul “noi donne” di Pentesilea, a cui si contrappone il “noi esseri umani” di Arisbe. 
C’è il timore dell’irrazionalismo, di un incrudelimento della donna, che si intravede anche nel passo della deflorazione rituale di Cassandra e delle altre ragazze, quando si evidenzia che tra le fanciulle non c’è comunicazione, non c’è “solidarietà tra donne”.