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Il Piccolo Teatro di Milano ha affidato a Pascal Rambert, suo artista associato, la realizzazione di un trittico, il cui primo capitolo è stato, nella scorsa stagione, Prima. Ora è in scena al Teatro Grassi la seconda parte, Durante, con lo stesso cast, cui

si aggiungono cinque talentuosi allievi della Scuola del Piccolo; mentre per il prossimo anno è previsto l’epilogo, Dopo. Al centro di questo progetto triennale, scritto e diretto da Rambert per e con i suoi interpreti, le vicende – personali e professionali, inevitabilmente intrecciate – di una compagnia impegnata nell’allestimento di uno spettacolo di cui è autore uno di loro – Sandro Lombardi – ed è ispirato anch’esso a un trittico, questa volta pittorico, di Paolo Uccello, la Battaglia di San Romano. Al centro di Prima erano le biografie dei cinque attori, sul palco nelle vesti di personaggi che portano il loro stesso nome, e i loro rapporti: da una parte Marco (Foschi), oggetto dell’amore di Anna (Bonaiuto) e in crisi nel suo rapporto con la compagna Anna (Della Rosa) a causa di un’impulsiva infatuazione per la giovane Leda (Kreider); dall’altra Sandro (Lombardi), che tenta di mantenere ordine e concentrazione, pur anch’egli emotivamente turbato dalla morte della madre. L’amore – eccessivo, egotico, irrazionale, a tratti infantile – era dunque il filo rosso di quel primo capitolo, in cui il personale, il biografico, il “sentimentale” prevalevano su quella riflessione sul teatro che, invece, è al cuore di Durante. Sul palco la carcassa di una Ferrari rossa avvolta dal fumo, dalla quale lentamente fuoriescono Marco e Anna (Della Rosa): sono ancora vivi o sono già approdati nel mondo dei morti, come farebbe sospettare la contemporanea presenza in scena dei loro “doppi” molto più giovani? Agli allievi-attori della Scuola del Piccolo è affidata, infatti, la parte di controfigure dei cinque protagonisti: incarnazioni di sogni e di speranze – di carriera e di amore – non del tutto realizzati, oggettivazioni di parti di sé volontariamente espulse ovvero obliterate, concreti promemoria di fragilità con le quali non si è ancora riusciti a venire a patti. La relazione fra Marco e Anna sopravvive ma con costanti difficoltà, il primo non riesce a superare i fantasmi di un’infanzia e un’adolescenza che i problemi familiari avevano trasformato in incubo; Anna (Bonaiuto), benché considerata oramai una primadonna affermata, non può dimenticare quella volta in cui la voce improvvisamente le venne meno; né Leda le proprie insicurezze di giovane timida e di pochissime parole… Ma Durante, come accennavamo, parte dalle vicende biografiche dei suoi protagonisti per riflettere sulla situazione contemporanea del teatro, rievocando due e veri propri spettri che abitano proprio gli spazi del Teatro Grassi. C’è Giorgio Strehler, con l’immancabile dolcevita nero e i ricci candidi, letteralmente evocato sul palco da Sandro nel ricordo, tutt’altro che sterilmente nostalgico, di una certa idea di teatro quale strumento privilegiato di azione culturale ma anche politica. Una funzione sottolineata con irriverente foga dall’altro spettro richiamato in scena: l’Arlecchino insanguinato nei cui panni Marco Foschi pronuncia un’accorata e oggettiva tirade sullo stato del teatro odierno, che si vorrebbe “anemico”, innocuo, dimenticando come esso, per esistere davvero, si debba nutrire del “sangue” palpitante della realtà e dei suoi protagonisti. Due apparizioni e due sipari non estemporanei bensì coerenti con uno spettacolo che, non celando le crepe e le debolezze del medium teatrale e dei suoi attori, ne afferma con autorevolezza, tanto professionale quanto emotiva, la granitica e irreversibile necessità. Ecco, dunque, che il finale lascia intuire come l’incidente stradale abbia sì ferito profondamente i cinque protagonisti ma non li abbia vinti bensì “rivitalizzati” e resi consapevoli della propria identità tutt’altro che superficiale di attori: il tutto attraversando aneddoti personali ora surreali ora tragicomici ora drammatici; canzoni pop – da Gianni Morandi alla Loretta Goggi di Maledetta Primavera – che diventano appassionati leitmotiv; teatro dell’ombre e prove in costume; analessi e prolessi che complicano e ritmano acutamente la narrazione; prove d’attore di tutto il cast, compresi i giovani allievi, caratterizzate da adesione autentica e salda maestria.           

Testo e regia di Pascal Rambert. Traduzione di Chiara Elefante. Scene di Pascal Rambert e Anaïs Romand. Costumi di Anaïs Romand. Luci di Yves Godin. Musiche di Alexandre Meyer. Con Anna Bonaiuto, Anna Della Rosa, Marco Foschi, Leda Kreider, Sandro Lombardi; e con gli allievi del Corso Claudia Giannotti della Scuola di Teatro “Luca Ronconi” del Piccolo Teatro di Milano–Teatro d’Europa Miruna Cuc, Cecilia Fabris, Pasquale Montemurro, Caterina Sanvi, Pietro Savoi; e con Ludovica Bersani, Giorgio Saglimbeni/Filippo Boncinelli, Amelia Varretta. Prod.: Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa; in coproduzione con structure production e Compagnia Lombardi-Tiezzi.

Foto di Masiar Pasquali (particolare)

Visto al Teatro Grassi di Milano, il 16 aprile 2024