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Al via la trentesima edizione delle Orestiadi di Gibellina. Intervista al direttore artistico Claudio Collovà. Le “Orestiadi” di Gibellina compiono trent’anni, sono tantissimi per un Festival teatrale ed è un po’ un compleanno per tutti coloro che in Sicilia hanno pensato e pensano ancora che l’arte, il teatro la musica e la danza contemporanei non siano un passatempo per snob, ma al contrario il necessario nutrimento per la cultura di una terra che, come molte altre del sud Italia, diversamente rischierebbe di sprofondare nel più gretto provincialismo. Occorre ricordare e ringraziare allora quanti le hanno volute e difese le Orestiadi, a partire certo dal senatore Corrao con l’equipe della Fondazione, per poi passare agli amministratori del Comune e ai direttori artistici che si sono succeduti negli anni. Ne abbiamo parlato con Claudio Collovà, attuale direttore artistico giunto al secondo anno del suo mandato.
Trent’anni di Orestiadi e lei si trova a gestire questo Anniversario: che significato dare a questo evento?
«C’è tanta memoria in questo anniversario, tanta storia del teatro contemporaneo italiano e internazionale, che mi caricano di una grande responsabilità ulteriore nell’onorare la persistenza di un festival come questo in Sicilia. Occorreva che questo evento, pur scontando la penuria di risorse pubbliche, rispettasse la sua storia prestigiosa e insieme guardasse al futuro della ricerca teatrale. Seguendo queste due indicazioni ho costruito il cartellone che vede lavori di gruppi tra i più interessanti della ricerca teatrale italiana come “Babilonia Teatri”, i “Muta imago”, gli “MK”, il “Teatrino giullare”, il Teatro Rebis da Macerata, i siciliani Miriam Palma e “La casa dei santi” e sopratutto lo spettacolo di Rezza e Mastrella».
Nella sua formazione di regista teatrale Gibellina che ruolo ha avuto?
«Gibellina per me, come penso per tutti i teatranti siciliani, ha avuto la funzione di una finestra aperta su quanto di meglio avveniva teatralmente in Italia e nel mondo. Oggi è ancora così, malgrado tutto. È una necessità imprescindibile infatti e quasi un dovere per un artista aprirsi e confrontarsi con mondi artistici lontani e diversi da quello in cui si opera normalmente. Poi, guardando più da vicino la mia esperienza, io a Gibellina sono stato negli anni spettatore entusiasta, attore, regista: ricordo con gioia e un pizzico di orgoglio d’essere tra quelli che hanno scalato la mitica “Montagna del sale” di Mimmo Paladino, avendo partecipato nel ’90 alla messinscena della “Sposa di Messina” di Schiller diretta da Elio De Capitani. Così come mi è impossibile non ricordare anche la grandezza intellettuale di uno dei direttori di Gibellina, ovvero di Franco Quadri che, da critico militante e da uomo di teatro a tutto tondo, ha guidato le Orestiadi per tre anni e che ad esse ha dato quell’impronta di grandezza e densità intellettuale che conservano fino ad oggi».
Se Gibellina ha ormai consolidato un rango che in qualche modo ne mettono al sicuro la sopravvivenza, in Sicilia esistono altre rassegne teatrali. Quale deve essere il ruolo di queste rassegne e come vanno organizzate o coordinate?
«Oggi in Sicilia non c’è solo la frattura tra la ricerca teatrale e gli enti di Produzione pubblica, ma ce n’è anche un'altra che riguarda la vocazione turistica di una certa rassegna. Gibellina, come altre situazioni, non ha una vocazione turistica e comunque privilegia il dato propriamente artistico e culturale rispetto a quello turistico. E mi sembra che sia giusto così: il teatro deve essere normalmente compreso in un discorso culturale che riguarda il territorio e poi può anche essere considerato in funzione al turismo, non viceversa. Credo che sarebbe giusto riequilibrare questa situazione che risponde ad una precisa filosofia che la Regione ha scelto di praticare. Dopo di che va detto che, seppur non rispondiamo a logiche turistiche, siamo in grado di attrarre numeri importanti di pubblico che non si devono sottovalutare».
Che tipo di lavoro è lo spettacolo che lei presenta nel contesto delle Orestiadi di quest’anno?
«Mi fa piacere essere presente nel Festival col contributo di un mio spettacolo e vado in scena subito, nella prima settimana, così poi posso dedicarmi alla cura degli artisti ospiti. “Artista da giovane” è l’esito di un progetto drammaturgico triennale dedicato al “Dedalus” di Joyce che sto sviluppando col Teatro Biondo di Palermo e che, tra gli altri elementi, presenta la ricerca scenografica di Giulio Ceraldi, un artista visivo di origine napoletana che stimo moltissimo e col quale collaboro sin dai tempi del teatro di Martone e Neiwiller a Napoli».

Il cartellone delle Orestiadi

Queste le date degli spettacoli (tutti al Baglio Di Stefano alle 21.30) in programma per la XXX edizione delle Orestiadi di Gibellina: 7 e 8 luglio “Artista da Giovane”, dal Dedalus di Joyce, regia di Collovà; 12 luglio, “The end” di Babilonia Teatri, Verona, di e con Valeria Raimondi e Enrico Castellani; 14 luglio “Lev” di Muta Imago, Roma e 15 luglio, sempre di Muta Imago, “Displace # 1, la rabbia rossa”; 16 luglio, gli MK di Roma con “Speak Spanish” con Philippe Barbut, Biagio Caravano e Michele Di Stefano; 19 luglio, Teatrino giullare di Sasso Marconi, Bologna, con “La stanza”; 23 luglio, di Antonio Rezza e Flavia Mastrella “7 – 14 – 21 – 28”; 28 luglio la compagnia Sottosopra di Palermo con “Esecuzione\Ifigenia” di Lina Prosa con composizione vocale di Miriam Palma; 26 luglio La casa dei santi di Catania con “Straniero di Sicilia” di e con Giovanni Calcagno e video installazione sonora e composizioni video di Alessandra Pescetta; 30 luglio, Teatro Rebis di Macerata con “Io non so comunicare”.