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C’è un suono che più di ogni altro ha un significato, positivo o negativo nella vita di ogni studente: il suono della campanella che interrompe le lezioni. Quanti di noi sono stati “salvati” dalla campanella? Lo spettacolo di Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani, The history boys, tratto dalla commedia di Alan Bennet, al ritmo vivace di una campanella, ci regala un pomeriggio di sorrisi e riflessioni. La regia vivace e attenta tiene insieme  momenti corali e momenti più intimi senza stancare. Il cast eclettico, composto da otto ragazzi e quattro adulti, interpreta in modo dinamico i sogni, i dubbi, le ambizioni, le frustrazioni che animano il mondo della scuola. Gli otto ragazzi studiano e s’impegnano per superare l’esame di ammissione al corso di laurea in Storia. I ragazzi sono intelligenti e preparati  e possono puntare al massimo: Oxford o Cambridge. Per aumentare le loro possibilità di successo il preside non esita ad assumere un nuovo insegnante, il professor Irwin, perché dal successo dei ragazzi dipende il buon nome della scuola. Gli studenti, un bel gruppo eterogeneo, (il bello, il goloso, il complessato, lo sportivo) sono molto affiatati.  Anche i professori sono diversi fra loro, ed hanno modi differenti di intendere l’educazione.  Il professor Hector, è originale e creativo, arriva sempre in moto, è un uomo vitale e gioioso che sa rendere vivaci le sue lezioni utilizzando proprio il teatro come metodologia, la signorina Lintott è preparata e attenta alle sfumature, l’ambizioso professor Irwin, invece, è preoccupato dei risultati, della performance: suggerisce agli alunni trucchetti e stratagemmi per superare la prova. Due ore e mezzo di spettacolo. Un bel viaggio. Una lunga corsa in moto, fra letteratura, poesia, cinema e buona musica, eseguita dal vivo. Una lunga corsa, alla ricerca del significato della cultura e dell’educazione, verso un finale commovente e generoso, da portare a casa e regalare agli altri. Una domanda aleggia nell’aria alla fine dello spettacolo ma allora che cos’è la cultura? Usando le parole di Salvemini, non  a caso uno storico, potremmo dire che la cultura è “ciò che resta in noi dopo che abbiamo dimenticato tutto quello che avevamo imparato”, ma quello che resta, deve essere trasmesso agli altri, perché la cultura è anche condivisione. Questo è il messaggio più significativo che Ferdinando Bruni ed Elio De Capitani ci regalano con uno spettacolo che scorre piacevolmente come le pagine di un libro appassionante.

Teatro Elfo Puccini
Sala Fassbinder / 19 ottobre - 20 novembre 2011 /mar-sab: 20:30 / dom: 15:30  
Traduzione di Salvatore Cabras e Maggie Rose. Regia di Ferdinando Bruni e Elio De Capitani. Con Elio De Capitani (Hector), Ida Marinelli (Mrs Lintott), Gabriele Calindri (Il preside), Marco Cacciola (Irwin), Giuseppe Amato (Scripps), Marco Bonadei (Rudge), Angelo Di Genio (Dakin), Loris Fabiani (Lockwood), Andrea Germani (Timms), Andrea Macchi (Crowther), Alessandro Rugnone (Akthar), Vincenzo Zampa (Posner).
Luci di Nando Frigerio
Produzione Teatridithalia