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Sono alla ricerca di autenticità, Ruth e Nick, i protagonisti della pièce “Il bosco”, del premio Pulitzer David Mamet, in scena fino al 6 novembre al teatro Argot studio di Roma. Come si legge nelle note di regia di Elena Arvigo, regista insieme con Valentina Calvani e interprete, con Andrea di Casa, l’interrogativo di fondo è la possibilità degli uomini di essere liberi e di riuscire ad amare. La risposta provano a darla i due personaggi, che si sono allontanati dal frastuono della città per qualche giorno, rifugiandosi nella pace di una casa sul lago, completamente immersi nella natura. L’azione scenica è ridotta all’essenziale di un rapporto di coppia che presto si scopre ancora da sperimentare. Il dialogo tra l’uomo e la donna riempie uno spazio di per sé molto carico di elementi scenografici, che però si rivelano piuttosto statici, come la stessa coppia. Sono pochi i momenti in cui i corpi si liberano dal torpore che sembra contraddistinguerli, lasciando irrompere l’azione a discapito del dialogo, per il resto sempre dominante. A questo proposito sono ancora illuminanti le note di Elena Arvigo, che allude a parole come “oggetti tridimensionali”, presenze di cui gli attori trasmettono la corporeità e la sensualità. E per quanto i discorsi possano veicolare verità apparenti, come quelle che si dicono Nick e Ruth, è proprio attraverso le parole che la coppia cerca la propria identità. I due sono convinti che il silenzio della natura li aiuti nella scoperta reciproca, come se il caos cittadino impedisca agli individui di ascoltarsi. Nick ricorda i periodi passati in campagna da ragazzino, e la convinzione ancora valida di poter vivere veramente soltanto in quel contesto. Nick e Ruth sono alla ricerca di autenticità e credono di trovarla nell’aria pura, nel silenzio del bosco, nel volo degli uccelli o nel passaggio di un procione. E anche la possibilità di amare sembrerebbe essere legata alla dimensione astratta dal mondo in cui si trovano, nella purezza dei corpi che si incontrano in un luogo dove tutto è pulito, come continuamente ripete la protagonista. A sottolineare la centralità drammaturgica dello spazio ci pensa anche la regia, che divide rigorosamente l’azione in un dentro e in un fuori dalla casa. Per scandire i due momenti la scenografia adotta una vetrata, attraverso la quale lo spettatore spia la coppia nella sua intimità domestica, nel prolungamento di uno spazio scenico decisamente unitario. Anche il tempo è ristretto in un arco addirittura inferiore alle ventiquattr’ore, articolandosi in tramonto, notte e mattina. È proprio la compressione dello spazio e del tempo a innescare la scintilla che porta la coppia ad esplodere e a ricomporsi. Ma è nel sogno e nella visione, che le dimensioni si dilatano, accogliendo potenzialità fiabesche. Nick non riesce a dormire, ma racconta storie di marziani; Ruth invece lo invita a non temere l’inaspettato e riporta la situazione alla circolarità della favola, in cui i bambini che si sono persi nel bosco si addormentano insieme. L’esito conciliatorio non salda però la distanza tra la logorrea di Ruth e i monosillabi di Nick, tra il bisogno di parlare di lei, che non vorrebbe e non dovrebbe parlare, ma non può fare altrimenti, e la ruvidità di lui. Reduce dal successo con la messinscena di “4:48 Psychosis” di Sarah Kane, Elena Arvigo sussurra e grida, mentre si avvolge nelle coperte, si veste e si spoglia, dando fisicità alle parole. Le risponde la presenza di Andrea di Casa, che nella sua quasi costante immobilità offre un’immagine visiva della paura maschile del cambiamento.

Associazione M15 e SantaRita Teatro
IL BOSCO di David Mamet
Regia di Elena Arvigo, Valentina Calvani
Con Elena Arvigo, Andrea di Casa
Teatro ArgotStudio, via Natale del Grande 27 Roma
Dal 26 ottobre al 6 novembre 2011.