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Gioca soprattutto sul rapporto tra la madre e il figlio maggiore, la pièce “La lampadina galleggiante” scritta nel 1981 da Woody Allen e messa in scena al Teatro Quirino di Roma dalla compagnia del Teatro della città, con la regia di Armando Pugliese.  Ambientato nei quartieri poveri di una New York del secondo Dopoguerra, il testo è dominato dal personaggio femminile interpretato da Mariangela D’Abbraccio.

Una donna alle prese con la difficoltà di far quadrare i conti di casa, una moglie tradita, una madre con grandi ambizioni per i propri figli, ma soprattutto un personaggio che fa di tutto per non guardare in faccia la realtà. Lo scontro tra i sogni della protagonista e l’evidenza di una famiglia disgregata, in cui ai problemi coniugali si sommano le difficoltà dei giovani di inserirsi nella società, è il tema reale di un testo che apparentemente parla di altro: dalle speranze del padre di vincere al lotto alla passione del figlio maggiore per i giochi di prestigio. La complessità delle questioni messe in scena è affrontata però con la leggerezza di una comicità che deriva direttamente dallo humour ebraico dell’autore, ma che nella trasposizione italiana si è contaminata con l’umorismo di stampo eduardiano. Il contatto non è però propriamente riuscito, perché le due componenti risultano abbastanza contraddittorie, in particolare in alcuni personaggi, come il padre (Mimmo Mancini), che oscilla tra modelli diversi nella costruzione di una figura con scarsa personalità. Diverso il caso della protagonista, che ricalca molte madri della tradizione italiana: da Anna Magnani a Sofia Loren, passando per il teatro partenopeo. L’effetto è felice, perché Mariangela D’Abbraccio è molto convincente in un ruolo che non era il suo. Pur essendo subentrata a pochi giorni dal debutto romano, l’attrice mostra disinvoltura e grande capacità d’interpretazione. Un’interpretazione che trova un degno interlocutore soprattutto in Emanuele Sgroi, nei panni dell’aspirante mago. Lo spettacolo risente però del cambio all’ultimo momento della prima attrice, che doveva essere Giuliana De Sio, sostituita perché ricoverata in ospedale in seguito alle complicazioni di una polmonite. Come si può leggere in vari siti internet, Giuliana De Sio non ha accettato il modo con cui la produzione l’ha rimpiazzata in un progetto in cui aveva creduto fin dall’inizio. Gli organizzatori e il regista si sono difesi dalle accuse dicendo che annullare lo spettacolo avrebbe messo a rischio il lavoro di tutta la compagnia. Questione senz’altro condivisibile, se non fosse che il risultato è uno spettacolo  abbastanza disomogeneo, privo di una vera coesione interna. Al di là della mancanza di armonia, questo allestimento sembra stanco, poco personale. Non si può negare che l’intreccio si segua facilmente e che nel complesso la storia sia piacevole e abbia qualche momento brillante (legato all’entrata in scena di Fulvio Falzarano). Resta però la sensazione di un’occasione mancata.