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Pranzi pantagruelici e “cenette improvvisate”. Piatti raffinati, gustosi, fantastici. “Il cibo è una lunga storia d’amore”, dice una delle protagoniste. Messo in scena, in verità, è un pretesto anche per parlare d’altro. E la parola, in questo caso, è quella di Stefano Benni e di Cinzia Villari (quest’ultima anche regista dello spettacolo): barocca, sapida, sulla linea di confine tra romanzo epico e calembour la prima; icastica

e modulata su diversi registri la seconda. Tre atti unici, affidati a un’attrice di sorprendente versatilità (Tiziana Foschi) e tenuti assieme da una linea registica compatta e giocosa: questo è “Cibami”, lo spettacolo andato in scena a Roma il 9-10 luglio nell’ambito di una storica manifestazione (è alla diciassettesima edizione) dell’Estate Romana, “FontanonEstate”, promossa dall’Associazione Teatro Studio, che si tiene all’interno del meraviglioso giardino della Fontana dell’Acqua Paola al Gianicolo.
I tre atti unici (i primi due di Villari, il secondo di Benni) mostrano tre donne intente alla cucina. La prima è una piccola suora, comandata al “dono di pelare patate-cipolle-carote” per un pranzo di altissimi prelati, dove si offriranno “trenta buoi e cento montoni” e dove, ovviamente, sarà ammessa soltanto come cameriera. Inginocchiata a un confessionale, impegnata a raccontare a Dio come “pelando si edifichi la Chiesa”, la suora esprimerà, tra candore e risentimento, l’ostinazione di essere “serva” (perché è proprio così che viene trattata) del Signore. La seconda è una giovane donna, lavorante nella mensa comunale, ritratta in casa mentre prepara una “cenetta improvvisata” per un appuntamento galante. Ma i propositi di seduzione si scontrano con la disorganizzazione (mentale) della donna e la scoperta di un fastidioso baffetto, proprio sopra il labbro, che le deturpa il sorriso. L’ospite arriva e il disastro si compie: il tragicomico finale (che non riveliamo per non togliere gusto alla pietanza) svelerà appieno il passato ingombrante e folle della donna. Il terzo atto unico, di maggiore ampiezza e surrealtà, mostra la lotta tra due “cuochi leggendari”, Sofronia e Rasputin, per aggiudicarsi la stella di miglior ristorante del villaggio. Due mondi diversissimi: una ninfa dei boschi lei, conoscitrice di ogni pianta che nasce dalla terra, e custode del “sofrolio”, un’erba che dà a ogni piatto un sapore di inarrivabile bontà; un orco immenso lui, cuciniere solo di carni e di selvaggina (come il mitico gargaleone), dal coltello sempre insanguinato (mentre quello di lei è sempre “profumato”). Una battaglia fatta di beffe e colpi bassi, tradimenti e sgambetti, in un tourbillon di stravaganze che nasconde dentro di sé, come poi accadrà in una notte gravida di sorprese, una danza amorosa di sensualità e di abbandono. Da sottolineare è la capacità di attrice e regista, soprattutto, di riportare drammaturgicamente la complessità della scrittura di Benni (dalle rime alle allitterazioni, ad arguzie polisemiche): Tiziana Foschi (nota al grande pubblico per essere una dei quattro fondatori dell’ensemble comico “La Premiata Ditta”), è davvero bravissima, e interpreta le tre donne (più Rasputin) con una varietà di espressioni e sentimenti che riempie ogni angolo del testo, ben sorretta dalla regia di Cinzia Villari che, attraverso cambi d’abito in scena, oggetti rifunzionalizzati, uso sapiente di luci e buio, crea un continuum emotivo di sicura brillantezza. Ultima nota di merito, la presenza in scena per l’ultimo atto unico del fisarmonicista Roberto Palermo.

“Cibami”
Tre atti unici di Cinzia Villari e Stefano Benni
con Tiziana Foschi
alla fisarmonica: Roberto Palermo
regia: Cinzia Villari
scene: Daniele Pittacci
costumi: Isabella Fagiano
tecnico luci/light design: Camilla Piccioni
produzione: Associazione Culturale Vitamina T
organizzazione: Associazione Teatro Studio