Recensioni
Drammaturgia contemporanea in scena
- Scritto da Maria Dolores Pesce
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È la notte tra il 26 e il 27 settembre dello scorso quando a Iguala, Messico, all’interno dello Stato di Guerrero famoso per la sua capitale Acapulco, la polizia federale (un vero e proprio organismo militare) attacca un pacifico corteo di studenti della “Escuela Normal Rural” di Ayotzinapa, lì per raccogliere fondi, uccidendone subito alcuni e prelevandone 43 di cui ancora adesso non si sa con certezza nulla, nuovi e tragici desaparecidos.
È un momento di rottura per il Messico, forse al di là della stessa volontà dei colpevoli, in cui una ormai persistente guerra sotterranea si fa guerra dichiarata e aperta dei ceti dominanti, sempre più intrigati in una rete di ambigui rapporti di scambio con la criminalità organizzata ed il narco-traffico, contro il popolo e contro uno dei simboli della sua resistenza e vocazione di libertà, quelle scuole rurali destinate ai ceti poveri che da decenni cercano di coniugare l’istruzione con la critica e la responsabilità verso sé stessi e gli altri. Una guerra dichiarata ad un nemico che si vuol far scomparire per lasciare libero il campo ad ogni più ambiguo
- Scritto da Maria Dolores Pesce
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Clemente Tafuri e David Beronio, drammaturghi del genovese Teatro Akropolis, proseguono la loro personale ricerca dentro lo sguardo di Nietzsche, anzi dentro quel magma che scorre e ribolle nelle interiora mitiche di una umanità che sembra averne perso memoria ma di cui paradossalmente sembra conservare una indistinta nostalgia, dentro quel magma dunque in cui lo sguardo di Nietzsche aveva saputo fissarsi con una acutezza ed una sapienza che ha pochi eguali.
Ma quello sguardo è qui ancora una volta una guida, virgiliana direi, affascinante e sapiente ma che non prevarica, così che i drammaturghi possono in esso e di esso cercare e utilizzare, talora riuscendovi con più o meno intensità, una intensità che però con il tempo cresce e si rafforza, la forza maieutica e
- Scritto da Emanuela Ferrauto
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Evento unico, a Napoli ed in Italia, quello che si è svolto domenica 19 aprile, presso il Teatro San Ferdinando di Napoli. Un percorso artistico, culturale ed antropologico di grande suggestione, che apre le porte ad un teatro dal respiro europeo. Questa la sensazione più intensa trasmessa dallo spettacolo IL VELO/ THE VEIL: più che uno spettacolo, uno studio culturale e sociale, un workshop, il tutto connotato da una profonda poesia, che ci aspettavamo di rivedere in scena, attraverso le immagini di Davide Iodice. Il regista, le cui produzioni e studi abbiamo osservato negli ultimi due anni, soprattutto durante il Napoli Teatro Festival Italia, presenta “fugacemente” questo prodotto nella città di Napoli, dove è stato volutamente “costretto” a germogliare, per poi partire alla volta della Svezia. Ed è proprio la Svezia a rappresentare l’elemeno cardine di questo studio, almeno durante la lunga ed intensa fase di creazione, poi evolutasi con la convivenza napoletana e la messinscena, quest’ultima
- Scritto da Angela Villa
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Al “Teatro i”, prima opera tratta dal trittico di Francesca Garolla, seguiranno in tappe successive “Solo di me” e “Non correre Amleto”, tre testi che indagano sulla nostra realtà contemporanea. Rapporti tra le generazioni: un padre, un figlio; il ruolo della donna oggi; relazioni di genere: come è uomo quell’uomo, come è donna quella donna.
N.N. NOMEN NESCIO, nome sconosciuto. Figlio di N.N., figlio di padre senza nome. Nel nome c’è il destino dell’uomo. Uomini senza nome, uomini senza storia
Il testo è stato tradotto e presentato a Le Theatre Scène National di Saint Nazaire, Festival Ring a La manufacture di Nancy e TNP di Lione – Face à Face, Paroles d’Italie pour les Scènes de France.
In scena un padre e un figlio si interrogano sui reciproci desideri sulla loro epoca sulle loro diversità. La parola scenica
- Scritto da Maurizio Sesto Giordano
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Ancora un testo ironico e commovente, ancora una storia di grande interesse per il prolifico autore romano Gianni Clementi in scena con “Ladro di razza” al Teatro Ambasciatori di Catania, per la stagione teatrale del “Brancati”, produzione “Fama Fantasma”-Teatro San Babila. Lo spettacolo, strutturato in due atti di circa 90’, si avvale della regia, agile e scorrevole, di Marco Mattolini e mattatori sulla scena sono Massimo Dapporto, Susanna Marcomeni e Blas Roca Rey che disegnano, con sensibilità ed umanità, i caratteri di tre personaggi completamente diversi tra loro.
Tutto si svolge nella Roma del 1943 e vede incrociarsi la vita di due amici: Tito un ladro - truffatore di modesto livello, dai modi e tratti eleganti, uscito da poco dal carcere Regina Coeli ed in fuga dall’usuraio detto “Atto di dolore” e l’amico d’infanzia Oreste, operaio della fornace, povero ed onesto,
- Scritto da Maurizio Sesto Giordano
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Lo spettacolo “Stanze” di Salvo Gennuso, proposto al Centro Zo di Catania, in prima nazionale, è una proposta singolare, sfaccettata e che si insinua nell’universo, nel sentire, nel vissuto delle donne. La pièce, messa in scena dalla compagnia Statale 114, in chiusura della rassegna “Altrescene”, su drammaturgia, regia e scena di Salvo Gennuso, in circa 90’, vede protagonista, in uno spazio che la vede muoversi tra pubblico, sedie e su un materassino, la camaleontica Elaine Bonsangue, affiancata da Eleonora Lipuma, Elisa Marchese, Sade Patti ed Alice Sgroi. Ma di quali “Stanze” parla l’autore e regista? Premettiamo che lo sviluppo dello spettacolo non sempre è scorrevole e di facile comprensione per gli spettatori che, comunque, secondo le intenzioni dell’autore-regista, vengono coinvolti un momento di immedesimazione, di percezione in quella che è la realtà di tre donne, che di seguito, si raccontano, si svelano, in tutti i loro segreti, nella loro natura, nel loro