Articoli e interviste
- Scritto da Angela Villa
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Cari Milanesi, facciamoci coraggio, vinciamo l’afa, la pigrizia e usciamo dalle celle frigorifero dei nostri appartamenti per seguire la XV edizione di Tramedautore. Forse soffriremo un po’ il caldo ma troveremo molto calore umano, come quello che ho vissuto io partecipando alla conferenza di presentazione del nuovo Festival organizzato dall’Outis (centro nazionale di Drammaturgia Contemporanea) Nello spazio accogliente del Chiostro Nina Vinchi del PICCOLO TEATRO GRASSI si è svolta la presentazione degli obiettivi e degli spettacoli del Festival. Dal 21-26 luglio 2015 al Piccolo Teatro di Milano si potrà assistere a 6 spettacoli provenienti da: Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Campania, Sicilia. Edizione ricca e coraggiosa sei spettacoli in lingua regionale, l’intento è quello di far riaffiorare la bellezza delle nostre regioni attraverso i racconti dei loro drammaturghi. Tatiana Olear cita “Il grande libro dei mutamenti” parla di generosità e solidarietà due qualità necessarie se si vuole uscire dall’indifferenza dei nostri giorni se si vuole dare visibilità a chi non ha, se si vuole far emergere il lavoro di tanti teatri, di numerose
- Scritto da Maria Dolores Pesce
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Lunaria Teatro di Genova, in apertura della nuova edizione del suo interessante “Festival in una notte d’estate”, ripropone nella cornice della storica piazzetta San Matteo questa sua drammaturgia, riscrittura-adattamento a cura di Daniela Ardini e Mario Marchi dall’omonimo romanzo di Giovanni Verga, che già aveva avuto buon successo nella primavera scorsa al Teatro Duse, ospite dello Stabile di Genova.
La drammaturgia sceglie di aderire con attenzione nella sua sintassi scenica alle modalità tipicamente naturaliste della narrazione verghiana, non priva di quel distacco quasi scientifico caratteristico dello scrittore siciliano, ma la interessante regia della Ardini, quasi trovandone lo slancio, riesce ad
- Scritto da Emanuela Ferrauto
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La conclusione della stagione teatrale e l’inizio di questa torrida estate napoletana non impediscono alla città di riempirsi di iniziative e di produzioni teatrali che toccano alcuni luoghi interessanti del centro cittadino, delle zone circostanti, ma anche di altre province. Nel 2013 avevamo seguito la conferenza stampa organizzata dai membri del Festival IMPROTEATRO, in realtà rassegna teatrale che è cresciuta a dismisura, scegliendo come tappa fissa la città di Napoli. Quest’anno abbiamo deciso di “sbirciare” tra le scene di questo, ormai, vero e proprio Festival, con la giusta attenzione e con la giusta accortezza, poiché ci introduce ad un mondo artistico inusuale, allo stesso tempo antico ed innovativo, ma fortemente legato alla scena contemporanea. Nonostante l’attenzione spesso rivolta al testo drammaturgico, secondo una linea editoriale perseguita costantemente da dramma.it, stavolta abbiamo posto l’attenzione su un concetto di produzione “drammaturgica” effimera,
- Scritto da Maria Dolores Pesce
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Mons, Belgio, capitale europea della cultura 2015, il luogo in cui provare ancora una volta a ritrovare le radici più profonde di una Europa che rischia di dimenticarsene tanto è impegnata a fare e disfare “economia e finanza”. Le radici comuni di una Europa molto più omogenea ed in sintonia di quanto appare oggi, travolta come pare essere da paure e diseguaglianze che cercano disperatamente e talora tragicamente una valvola di sfogo.
Un evento che, in questa cittadina immersa nella campagna vallona e così sintomaticamente vicina all’altra capitale europea, quella Bruxelles che sembra non vedere e non ascoltare, rimette al centro valori e sogni, volontà e prospettive raccolte sotto il duplice segno, come ricorda Yves Vasseur suo commissario, della cultura e della tecnologia per recuperare i traumi di una frattura che rischiamo di pagare salato. Un evento fortemente voluto.
Al centro, anche temporale, di Mons 2015 non poteva certo mancare il teatro, per la sua capacità di sondare e distillare, recuperare e promuovere, di essere insieme singolarità e comunità. Il “Festival du Carré” è dunque il luogo che, sotto la direzione artistica di Daniel Cordova, ne ha organizzato
- Scritto da Maria Dolores Pesce
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“A Mosca, a Mosca” sognavano tre sorelle prigioniere della provincia russa di oltre un secolo fa, quasi ad indicare che ancora la ricerca della felicità aveva un obbiettivo, un luogo e quindi una possibilità. Nella contemporaneità Olga, Irina e Mascha, sorelle tedesche altrettanto prigioniere nella fatiscente dimora delle loro inespresse e inesprimibili possibilità, non riescono e possono più invocarlo quel luogo, fantastico o forse psicologico, e non conoscendolo o riconoscendolo più ne possono ripetere solo la soffocante malinconia.
La giovane drammaturga tedesca Rebekka Kricheldorf, con questo suo lavoro non riscrive ma sostanzialmente rivive il Checov di “Le tre Sorelle”, o meglio, come acutamente scrive il foglio di sala, “ne incrocia lo sguardo”, in una scrittura e tessitura scenica che quanto più è, come dire, calco riconoscibile di quella narrazione, tanto più apre ed esplora nuove vie di significazione.
Con una lingua pulita e secca, insieme poetica e razionale, cui la traduzione di Alessandra Griffoni nulla toglie
- Scritto da Maria Dolores Pesce
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Con il tuo ultimo lavoro, Robinson Crusoe il Betseller, mi sembra tu abbia avviato una indagine sulla genesi e sulle modalità dell’invenzione narrativa e drammaturgica, genesi e modalità ineluttabilmente fondate sulla parola e sulla scrittura come tramite per dare sostanza ed esistenza ad una storia. È come affondare le mani in un archivio indistinto ed indisciplinato, strutturarlo in scena e dare senso, un senso nuovo ai tanti significati potenziali. È una impressione corretta?
Ricordo un’opera molto giovanile di Giulio Paolini (non riesco a datarla ma erano gli ultimi anni Sessanta): una tela bianca sulla quale l’artista aveva appoggiato un campionario di colori e un tiralinee; era un metadiscorso: facciamo il punto, cioè incominciamo a catalogare gli strumenti; ma, se vogliamo, significava anche: “Sono qui”, perché nell’opera figurativa si legge sempre il gesto dell’artista; si rivela nella pennellata sontuosa del grande maestro ma anche nell’accostamento