Articoli e interviste
- Scritto da Maria Dolores Pesce
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Suggerisce, senza in alcun modo volerlo nascondere, l'idea di una “riserva indiana” il titolo scelto da Kronoteatro e dal suo Direttore Artistico Maurizio Sguotti per la tredicesima edizione di questo Festival, ad Albenga nel ponente ligure. Una scelta condivisibile laddove indica la capacità di questa Compagnia, che ha sempre subito ma anche combattuto con successo il rischio dell'isolamento in provincia, di preservare una coerenza creativa specifica nelle sue caratteristiche espressive e narrative, ed una onestà intellettuale singolare nella sua specificità, anche rispetto all'alternarsi delle tendenze e delle mode. Sarebbe meno sottoscrivibile, a mio avviso, se indicasse invece la sterile separatezza di un luogo, fisico e mentale, in cui essere quasi folcloristicamente confinati ed eventualmente osservati. Questo perchè “Terreni Creativi” è un festival lontano e assai alieno da ogni separatezza, ma al contrario è stato capace sin dall'inizio ad acconciarsi in una fusione, reciprocamente profittevole, all'interno della comunità in cui nasce e vive. Anzi mi sento di aggiungere, da osservatrice critica sin dalle sue prime edizioni, che questo Festival ha saputo anticipare, realizzando prima di altri, e prima che questa diventasse appunto tendenza ora prevalente, l'idea di un evento festival immerso nella sua comunità, fino a fare di questa comunità, non soltanto dei suoi luoghi identitari ma anche e soprattutto dei suo modi specifici, l'ossatura produttiva, il terreno appunto di una
- Scritto da Maria Dolores Pesce
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“Festival Internazionale di azioni cattive” giunto alla sua sesta edizione. Non “cattive azioni”, si badi bene e per quanto ovvio, ma “azioni cattive” ove in questo aggettivo qualificante, una parola dalle figurativamente poliedriche declinazioni significative, precipitano intenzionalità e finalità profondamente teatrali, dalla cattiveria che caratterizza la volontà ferma di raggiugere il proprio senso ovvero il proprio scopo estetico, alla cattiveria che pronuncia in scena l'artuadiana “crudeltà”, cioè il coraggio che travolge la paura che abbiamo di 'vedere', e prima ancora di vedere, la paura di 'guardare'.
Da quest'anno riconosciuto a livello ministeriale, in ambito FUS, come “Festival di Danza” è, alla mia percezione, un evento che, ruotando su sé stesso a partire proprio dalla danza, coltiva l'intenzione e l'ambizione di rintracciare e mostrare sulla scena una idea di teatro “totale”, con ascendenze legittime o illegittime che siano in molti maestri, una idea istituzionalmente ricercata in promesse, talora
- Scritto da Marco De Marinis
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1. 1961. Peter Brook ha trentasei anni. E' un regista teatrale e cinematografico di successo. Per quanto riguarda il teatro, suo principale campo d'azione, ha spaziato su tutti i generi, dai più impegnati ai più leggeri e commerciali, musical incluso. E' il regista shakesperiano più innovativo e acclamato del suo Paese e proprio da quell'anno dirige la più prestigiosa istituzione teatrale inglese dedicata al grande Bardo: la Royal Shakespeare Company (RSC). Eppure è in crisi e vede nero nel futuro del teatro: "La terribile verità è che, se in questo paese si chiudessero tutti i teatri, l'unica impressione di perdita sarebbe la sensazione, da parte di una comunità raffinata, della mancanza di una fra le comodità della vita civilizzata – come gli autobus e l'acqua corrente." Questa riflessione appartiene a uno scritto che Brook pubblica appunto nel 1961 sulla rivista “Encore”. Dopo aver sperimentato a fondo, per oltre un decennio, “tutte le forme di teatro possibili” (sono ancora parole sue), egli è arrivato, alla
- Scritto da Marco De Marinis
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Ho letto con attenzione il lungo articolo fantastorico di Tiziano Scarpa sul teatro italiano del nuovo millennio (Stefano Massini e gli altri che salvano il teatro da sé stesso, "Domani" del 26 giugno). È brillante, addirittura effervescente. Ma, una volta esauritesi le bollicine, quello che resta assomiglia molto, purtroppo, all'ennesima variazione sull'eterno lamento dell'autore teatrale incompreso e bistrattato. Quasi un genere letterario, nel nostro Paese, con una lunga tradizione (non priva di momenti alti, da Alfieri a Pirandello, a Pasolini), che si ripropone con implacabile periodicità. La trovata narrativa dello studioso del 2122, che scrive una Storia del teatro italiano del ventunesimo secolo, serve a stento a mascherare la sostanza genuinamente reazionaria della requisitoria scarpiana, che ricalca appunto da vicino il suddetto "genere": "l'Italia viveva uno stallo che impediva al teatro di essere una forza significativa nella cultura e
- Scritto da Maria Dolores Pesce
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Custodi dei dorati frutti di Era/Giunone le Esperidi, secondo alcuni miti, erano anche esperte nel canto e nella danza, attraverso i quali nascondevano e insieme rappresentavano, a chi avesse occhi per vederli, i misteri di cui erano esecutrici e dunque, in fondo, 'attrici'. Al pari della loro consorella Atalanta, la ninfa della corsa, ninfa tutelare di altri boschi appena oltre le montagne e le valli di “quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno...”. Canto e danza, peripezie e viaggi, la corsa della vita, dunque, tra natura e teatro. In sintesi così appare “Campsirago Residenza” che, con la comune direzione artistica di Michele Losi, questo Festival da 18 anni organizza nelle colline tra la gaddiana Pastrufazio (la Brianza intendo ovviamente) e i manzoniani monti sorgenti dalle acque, luoghi di amori e di fughe, di guerra e di Pesti malefiche alla ricerca della luce di un Dio nascosto. Infatti titola se stessa “Following the Sun” l'edizione di quest'anno, tra ville storiche e borghi (Colle Brianza, Ello, Olgiate Molgora,
- Scritto da Maria Dolores Pesce
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Esistono dei rivoluzionari conservatori, ovvero degli innovatori tradizionalisti? Ricordando Peter Brook, la sua vita artistica ed i suoi insegnamenti, verrebbe da dire di sì per la sua capacità, quale vero e proprio 'facitore' di teatro, di stare a lato delle convenzioni creative senza abbandonarle, anzi sapendole usare, senza diventarne prigioniero, per costruire a partire da un linguaggio comune e percettibilmente condiviso nella sua immediatezza, un percorso nuovo che quel linguaggio trasfigurava e traslava, oltre e insieme. Secondo i suoi biografi avrebbe voluto fare cinema, ove peraltro non sono mancate sue prove eccellenti, ma non riuscendo ad esordire 'capitò', per sua e soprattutto nostra fortuna, al teatro, che segnò in maniera non abituale percorrendolo anche fisicamente da nord a