I libri del mese
Per la segnalazione in questa rubrica inviare esclusivamente libri di teatro o drammaturgia a
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Teatro Giapponese contemporaneo AA.VV.
- Scritto da Marcello Isidori
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Teatro Giapponese contemporaneo
AA.VV.
Editoria & Spettacolo 2009
pagg. 234 € 15,00
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Dal Giappone sono arrivati nei decenni postbellici vari segnali che hanno interagito con il mondo dello spettacolo occidentale. Se molti sono stati quelli che hanno sentito il fascino delle codificazione del No e del Kabuki, nelle loro strutture altamente formalizzate, altrettanto importante è stato l’impatto che il Butoh ha avuto sull’immaginario euro-americano, con infiniti (e spesso assai noiosi) imitatori. Poco o niente fino ad ora si sapeva invece del repertorio di drammaturgia del paese, ricco, variato e per molti aspetti sorprendente [...] e oggi, dopo tanto cinema, tanta narrativa in forma di libro e di manga, è il momento di osservare quello che è il filo di maggiore interesse nei teatri di Tokyo, spesso definiti come palcoscenici-studio, nella tradizione del celeberrimo Bungakuza. Tre sono quindi gli autori proposti per la prima volta al pubblico italiano: Hirata Oriza che, ne La conferenza di Yalta, propone con i toni della commedia la rilettura di una pagina importante della storia più recente, mettendo sotto i riflettori l’astuto cinismo dei potenti; Sakate Yoji che tratteggia ne La mansarda un fenomeno squisitamente giapponese, l’hikikomori: l’attrazione al segregarsi, al nascondersi dal mondo, al chiudersi in stanze segrete lontane dagli occhi di tutti; Okada Toshiki che in Cinque giorni di marzo, sullo sfondo dell’inizio della Guerra in Iraq, compone il ritratto di un paese in piena crisi di identità e che rivede davanti a sé il temuto spettro della guerra.
Davide e il lupo di Francesco Marino
- Scritto da Marcello Isidori
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Davide e il lupo
di Francesco Marino
Abramo editore Catanzaro 2008
pagg. 76 € 5,00
Un racconto-monologo-riflessione, che ha dato luogo lo scorso anno ad una messa in scena al Teatro comunale di Cassano diretto e interpretato dal suo autore Francesco Marino. Scrittura autobiografica e animata da veri ricordi d'infanzia e gioventù, dai veri personaggi che hanno segnato e segnano tutt'oggi la vita familiare dell'autore. Un ragionamento a cuore aperto e ad alta voce sulla propria vita, sul senso di certe scelte e di strade intraprese un po' per caso un po' per convinzione. Le atmosfere dei caldi anni settanta visti da sinistra e soprattutto visti da sud, da quella Calabria ancora tradizionalista e patriarcale, dove la figura del padre ha un peso ancora più decisivo che altrove nella vita dei figli, dove il nonno è ancora quello che ti racconta le storie, anzi, la storia, sempre la stessa, quella che potrà davvero insegnarti qualcosa per il tuo futuro e che tu racconterai a tuo figlio, un giorno, quando sarai padre. Il passato del narratore si confonde dunque con il suo presente di padre: tra i ricordi dell'adolescenza un po' sbandata e ribelle, emergono le difficoltà, le incertezze e le crisi dell'adulto, di quando non ha più molto senso ribellarsi alle imposizioni dei padri, perchè si deve decidere per se' ma anche per quelli di cui si è responsabili. E allora farsi coraggio e salvarsi da soli, lasciare la rabbia e tirarsi su le maniche sperando in un domani migliore. Sapendo che i nostri figli, fino a quando saranno piccoli, ci vedranno sempre come i loro eroi e salvatori.
Desideranza Fufùll - Teatri Alchemici di Luigi Di Gangi e Ugo Giacomazzi
- Scritto da Maria Dolores Pesce
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Desideranza Fufùll - Teatri Alchemici
di Luigi Di Gangi e Ugo Giacomazzi
L'orecchio di Van Gogh Falconara M. 2008
pagg. 96 € 10,00
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Il libro raccoglie le prime due pièces nate dalla collaborazione dei due attori-drammaturghi siciliani ritrovatisi con “Teatrialchemici” nella loro terra di origine, dopo un peregrinare singolare e autonomo che ha visto l'uno, Ugo Giacomazzi, formarsi alla Scuola del Piccolo Teatro e sperimentarsi a Milano tra teatro stabile e gruppi di ricerca per poi tornare in Sicilia con Davide Enia ed Emma Dante, e l'altro, Luigi di Gangi, dopo una prima breve esperienza palermitana, costruire la propria vocazione soprattutto nella collaborazione con il regista peruviano Carlos Riboty e l'Università Cattolica di Lima. Sono fatiche entrambe premiate, Fufùll vincendo il concorso “Il teatro che verrà 2007” a Palermo, Desideranza ottenendo la menzione speciale al “Premio Scenario 2007” nel corso di “Santarcangelodeiteatri”, occasione durante la quale ho avuto modo, per la prima volta, di conoscere l'attività di questi giovani drammaturghi. Il libro dunque raccoglie due drammaturgie ad una prima lettura diverse, Desideranza articolando la storia intima di oppressione e liberazione di due fratelli, uno dei quali gravato da handicap, che però supera nel contesto di una processione di paese i suoi confini psicologici e sociologici per approdare ad una dimensione quasi metafisica, mentre Fufùll appare strutturata in forma di favola metaforica ove i ripetuti riferimenti ad una attualità opprimente sono come riscattati dalla libertà interpretativa e sperimentale dei protagonisti, in buona parte giovani down. Due drammaturgie diverse e però accomunate da un dinamico sperimentalismo linguistico, che nella mescolanza, quasi un meticciamento, dell'asettico linguaggio popolar-televisivo peraltro fantasiosamente rimaneggiato, con le forme e la forza del dialetto siciliano, accende entrambe di una sintassi luminosa, quasi figurativa come le belle immagini che corredano il libro, con una qualità di transito scenico inusuale. La capacità qui dimostrata da parte dei due drammaturghi di controllare la pressione di un tale linguaggio, in continua evoluzione talchè il testo letterario appare più un copione da “farsi” sulla scena che altro, potrà in futuro, ci auguriamo, dare il segno di una raggiunta maturità.
Maria Dolores Pesce
Teatro medievale e drammaturgie contemporanee a cura di Sonia Maura Barillari
- Scritto da Marcello Isidori
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Teatro medievale e drammaturgie contemporanee
a cura di Sonia Maura Barillari
Edizioni Dell'Orso Alessandria 2009
pagg. 240 € 17,00
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Nel presente volume si raccolgono i contributi proposti al XIII convegno internazionale di Rocca Grimalda, «Teatro medievale e drammaturgie contemporanee» (20-21 settembre 2008). Tale iniziativa si inserisce in una linea di continuità rispetto a due precedenti congressi tenutisi anch’essi a Rocca Grimalda e dedicati al teatro, soggetto allargato a comprendere anche pratiche performative ‘parateatrali’ o espressamente rituali: «La piazza del popolo. La rappresentazione del conflitto sociale nella cultura di base del secondo dopoguerra» (30 aprile-1° maggio 1998) e «L’attore e la memoria» (Rocca Grimalda - Ovada, 28-29 giugno 2003). Proprio il nesso istituito con il rito, unitamente a un’ottica settata sul registro dell’antropologia culturale, ha offerto il primo spunto per rivolgere lo sguardo all’indietro, alle scaturigini del teatro europeo, sbocciato dal florido tronco della liturgia e lentamente – ma decisamente – emancipatosi da questa fino a trovare una compiuta autonomia. Parallelamente, ha giocato un ruolo importante anche un’altra riflessione, rivolta a scandagliare i motivi per cui abbia oggi tanto successo il cosiddetto teatro ‘di narrazione’, o ‘di parola’: pièces che, entro una scenografia minimale, talvolta quasi completamente assente, spesso vedono un solo attore in scena, capace però di evocare con la propria affabulazione nella mente dello spettatore scenari complessi e suggestivi, introducendolo in una dimensione spazio-temporale in cui le connotazioni concettuali hanno sempre la meglio su quelle prettamente realistiche. Penso ad autori come Fo, Celestini, Paolini, Baliani, i quali – con gradi diversi consapevolezza – magistralmente padroneggiano quelle stesse tecniche utilizzate in tempi remoti dagli antichi cantori che nelle piazze, sui sagrati delle chiese, presso le corti, facevano rivivere al loro uditorio le gesta degli eroi epici o le vite dei santi, coinvolgendo i cuori e le menti degli astanti in un processo di identificazione mirante a rinsaldare in ciascuno il sentimento di coesione della comunità a cui apparteneva. Di un analogo favore di pubblico gode anche quella che Luigi Allegri, riferendosi al medioevo, ha con scelta felice definito ‘teatralità diffusa’, estesa a comprendere tanto l’operato di cantastorie e burattinai quanto le azioni più o meno estemporanee di giocolieri, prestigiatori, danzatori e musici. E di sempre crescente fascino paiono essere investite le sacre rappresentazioni e altre forme drammatiche ispirate o associate alle tradizionali feste calendariali. Tali modelli di espressione drammaturgica affondano le loro radici nel teatro medievale, sviluppatosi in maniera del tutto autonoma rispetto ai prestigiosi canoni del teatro classico, progressivamente caduto in declino di pari passo al disgregarsi dell’impero romano: venute meno l’organizzazione statuale e l’amministrazione centralizzate, abbandonati e andati in rovina gli edifici adibiti agli intrattenimenti pubblici, intervenuto l’ostracismo della Chiesa nei confronti degli spettacoli, si sperimentano nuove modalità di messinscena a partire dal dramma liturgico e paraliturgico fino ad arrivare alle professionalità di menestrelli e giullari esercitate lungo le vie dei pellegrinaggi, alle grandi fiere annuali, in occasione di festeggiamenti quali matrimoni, incoronazioni, celebrazioni e solennità di vario tipo. Un confronto, quello fra teatro medievale e drammaturgie contemporanee, che è stato esperito dai relatori chiamati ad affrontare tale problematica percorrendo tre direttrici principali, talora convergenti, talora divergenti, spesso intersecantesi: l’odierna messa in scena di opere medievali, gli elementi di modernità che possono rinvenirsi in esse, sia a livello teorico sia sul piano attuativo, infine l’appropriazione e la rifunzionalizzazione da parte dei drammaturghi delle soluzioni ‘registiche’ e delle competenze attoriali proprie dell’età di mezzo. Quali denominatori comuni fra le espressioni artistiche di quest’ultima e quelle caratteristiche della nostra contemporaneità ben si prestano l’analoga propensione all’astrazione e alla stilizzazione formale, la predilezione per sistemi iconici e segnici puramente convenzionali, la tendenza a privilegiare il registro simbolico assai più che quello realistico.