I libri del mese
Per la segnalazione in questa rubrica inviare esclusivamente libri di teatro o drammaturgia a
Associazione Dramma.it - Via dei Monti di Pietralata 193/c 00157 Roma
Lo sguardo che racconta di Massimo Marino
- Scritto da Marcello Isidori
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Lo sguardo che racconta
di Massimo Marino
Carocci editore Roma 2004
185 pagg. € 16,90
Più che un manuale per l’aspirante critico questo volume di Massimo Marino, critico e saggista teatrale, collaboratore dell’Unità e di diversi periodici specializzati, è una sorta di analisi del ruolo, delle funzioni e del “mestiere” di critico teatrale. Assolutamente non privo di consigli e di suggerimenti pratici, il libro prende infatti lo spunto del suo sviluppo proprio dai numerosi laboratori di critica che l’autore, ormai da diversi anni, tiene in particolare nell’ambito dell’università di Bologna. Tuttavia la materia viene trattata al fine di cercare di superare la realtà, forse divenuta anche luogo comune, di un mestiere in crisi, per delineare, attraverso l’evoluzione del ruolo lungo tutto il secolo da poco terminato, una nuova funzione più ricca e stimolante rispetto al passato. Così l’osservatore di spettacoli teatrali è passato dalla stagione dello spettacolo drammatico vero e proprio, in cui era fondamentale analizzare e giudicare la messa in scena del testo drammatico, attraverso la rivoluzione del teatro di regìa, in cui lo spettacolo diventa creazione artistica autonoma, fino agli anni delle varie avanguardie, neo avanguardie, post avanguardie e la sperimentazione. Il critico non può dunque più essere un recensore punto e basta, il suo sguardo critico deve sempre di più partecipare alla vicenda di chi crea lo spettacolo, conoscerne la storia, le tendenze, le linee di ricerca, gli obiettivi. Il suo ruolo è divenuto più partecipativo della singola vicenda teatrale e meno giudice esterno dell’evento spettacolare. Ogni capitolo di quest’analisi si conclude con la sezione “Il laboratorio”, grazie al quale il lettore potrà cimentarsi con esercizi pratici di osservazione ed analisi di spettacoli. Molto gustosa, a mio parere, l’appendice dedicata alla pluriennale e movimentata esperienza de “Il quaderno del festival”, laboratorio destinato alla produzione di un vero e proprio giornale critico dedicato al festival di Santarcangelo da parte di giovani critici con la direzione dello stesso Marino. In definitiva una pubblicazione utile per chi fa o vuole fare questo nestiere ed interessante per chi invece fa e vuole fare altro.
Il teatro del racconto a cura di Luigi Gozzi Gabriella Bosco e Giorgio Cerruti
- Scritto da Maria Dolores Pesce
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Il teatro del racconto
a cura di Luigi Gozzi
Gabriella Bosco e Giorgio Cerruti
Portofranco editore L'Aquila 2005
496 pagg. € 20,00
Quest'anno L'Almanacco del teatro, apprezzabile e apprezzata iniziativa editoriale di Portofranco Editore sotto la direzione di Luigi Gozzi, punta la sua analisi su un argomento e su un contesto che da tempo conosce una diffusione ed una ribalta di tutto rispetto, ma che, a dispetto di questo o forse proprio a causa di questo, sembra finora essere sfuggito, non dico ad una defnizione univoca e condivisa, ma anche ad una descrizione che superasse le apparenze più esteriori e semplificatorie. È certamente stato, ed è tuttora, proprio di un certo modo di affrontare le tematiche della drammaturgia e della scrittura scenica quello di non sapersi o volersi sottrarre ad un legame intimo ed intenso con il “fare” della scena, e quindi di sfuggire ad intenti più analitici che tendessero ad usare categorie e schemi di identificazione inerenti dati di poetica se non di estetica teatrale. Bene, L'Almanacco 2005, di fronte a questa doppia sfida, nei confronti di un argomento ancora in qualche modo sfuggente e nei confronti di una consueta modalità di approccio a tali argomenti, sceglie di non sottrarsi e organizza una sorta di esplorazione all'interno della narrazione in teatro, o del teatro di narrazione o, come sceglie di chiamarlo, del Teatro del Racconto. Lo fa mescolando nel corso delle sue quasi cinquecento pagine, interventi di studiosi dell'argomento, come Gerardo Guccini e Renata Molinari, interviste a drammaturghi, anche estranei al teatro di narrazione comunemente inteso (Edoardo Sanguineti), e autopresentazioni di autori, mescolandoli dicevo con estratti o capitoli di drammaturgie, sia italiane che europee ed extraeuropee (tante che, non potendo citarle tutte, non faccio preferenze) che in qualche modo possono o si ritengono iscrivibili al teatro di narrazione, il quale così, più che un genere teatrale, come il vaudeville o la tragedia, appare una modalità di articolare la scrittura scenica e come tale assai sensibile e plasmabile secondo la mano che, appunto, la articola. Ne esce un quadro assai diversificato e vario, forse il più completo secondo il punto di vista sin qui esposto, del Teatro del Racconto, all'interno del quale, proprio perchè, in quanto Almanacco, direttore e curatore evitano di esplicitare o enfatizzare un punto di vista rispetto ad un altro, il lettore può non solo acquisire un approfondita conoscenza dell'argomento ma, soprattutto, conquistare gli elementi per una sua analisi, come dire, di secondo livello e costruirsi di conseguenza e kantianamente un “giudizio” sul medesimo. In effetti la narrazione ne appare come una modalità antica e intrinseca del teatro che a partire dalla crisi del dramma moderno ha tendenzialmente riempito il vuoto lasciato sulla scena dal dialogo, spesso anche riempiendo un vuoto di creatività che da tale crisi pareva nascere, ma ha comunque riportato il teatro nel suo luogo, che è la collettività ed è un risultato essenziale laddove il ricrearsi di questa collettività di senso, di questa pertinenza di significato, propria di ogni estetica teatrale, ha consentito il dispiegarsi di una rinnovata passione e creazione, anche nelle forme più lontane rispetto al racconto. Infine il lettore non mancherà di percepire come la dichiarata neutralità di direttore e curatori non avrà potuto del tutto mascherare la presenza di un filo rosso, di una idea di fondo, di una specifica interpretazione del fenomeno “narrazione” di cui L'Almanacco è stato insieme strumento e scopo e di cui ho cercato di dare, secondo il mio avviso, ragione. Vale pertanto la pena, riguardo a questo bel libro, rammemorare il leopardiano dialogo tra un Passeggere e, appunto, un Venditore di Almanacchi.
“P.: ...Coll'anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?
V.: Speriamo.
P.: Dunque mostratemi l'almanacco più bello che avete
V.: Ecco illustrissimo. Cotesto vale trenta soldi.
P.: Ecco trenta soldi.
V.:Grazie, illustrissimo: a rivederla. Almanacchi, almanacchi nuovi; Lunari nuovi.”
Maria Dolores Pesce
Lo spettatore appassionato di Gilberto Santini
- Scritto da Marcello Isidori
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Lo spettatore appassionato
di Gilberto Santini
Edizioni ETS Pisa 2004
221 pagg. € 15,00
Un diario di cinque anni, dal 1999 al 2003, con le testimonianze, i documenti, le riflessioni, le interviste realizzate da Gilberto Santini, docente di Storia del teatro e dello spettacolo presso l'Università di Urbino "Carlo Bo" e critico teatrale. Non un diario qualsiasi ma una vera e propria cronaca del nostro teatro, non tutto per la verità, di questi ultimi anni. Scrive Santini per introdurre l'intervista ad una delle sue attrici preferite: "Riesco a fatica a celare le mie passioni. E soprattutto non ho voglia di farlo. Perciò è bene dichiararlo subito e con chiarezza (...)". Frase esplicativa di tutto il tono del libro, che non esiterei a definire avvincente. Perchè redatto da uno "spettatore appassionato", da chi ama profondamente il teatro e proprio come un innamorato perde magari di obiettività ma ha una carica ed un entusiasmo contagioso nella descrizione dell'oggetto del suo amore. Tutto questo considerando però che non di spettatore qualunque si tratta ma di critico teatrale e studioso. L'opera è un tentativo di storicizzare il momento teatrale che stiamo vivendo, ma ancor più un tentativo di raccontarne le tappe più interessanti e significative, proprio come si racconta una bella storia. In prefazione viene precisato che molte delle recensioni, interviste e "pezzi" raccolti in questo volume sono tratti dalla rivista prevalentemente musicale "Il mucchio selvaggio" e pertanto destinate ad un pubblico di non addetti ai lavori. Ma gli addetti ai lavori, a mio parere, non potranno che apprezzare i contenuti e la forma di questa "cronaca". In definitiva un lavoro che ha la rara capacità di unire lo spessore della documentazione da saggio ad una forma che si presta ad una lettura scorrevole, da romanzo. Un consiglio? Mettetevelo in valigia per le prossime vacanze...
Il teatro di Robert Lepage di Anna Maria Monteverdi
- Scritto da Marcello Isidori
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Il teatro di Robert Lepage
di Anna Maria Monteverdi
Edizioni BFS Pisa 2004
160 pagg. € 15,00
Frutto della ricerca di dottorato svolta presso il Dipartimento di storia delle arti dell’università di Pisa, questo volume percorre con un’analisi approfondita gli spettacoli realizzati da Robert Lepage negli ultimi venti anni, periodo nel quale gran parte della comunità teatrale internazionale ha riconosciuto in questo regista, autore e attore canadese un alto esempio di integrazione spettacolare tra culture, linguaggi e tecniche espressive profondamente diverse tra loro. Anna Maria Monteverdi, docente di Teatro multimediale all’Università di Pisa e di Storia della scenografia al DAMS di Genova, organizza questa ricerca in due parti. Nella prima, dopo aver tracciato brevemente un quadro storico/culturale della realtà in cui Lepage si è formato (il Quebec), che non si esime da qualche illuminante riferimento al contesto politico, analizza l’evoluzione poetica, dei temi, dei linguaggi e della filosofia performativa, in altre parole dei contenuti nei grandi spettacoli di Lepage. Nella seconda parte, grazie anche ad un’analisi più approfondita di due tra i suoi più recenti spettacoli (“La face cachée de la lune” e “Elseneur”) mette a nudo l’ossatura e cioè la forma, che in Lepage diventa anche contenuto, caratterizzata dall’utilizzo di una tecnologia “umanizzata” dove la macchina diventa scenografia ma anche attore e personaggio, e dove la tecnica è sempre al servizio dell’uomo. Anna Maria Monteverdi cadenza un’agile e proficua alternanza tra l’analisi della saggista e le numerose citazioni dallo stesso Lepage, da critici e studiosi della sua opera e dai suoi collaboratori, tra cui lo scenografo Carl Fillion di cui viene riportata in appendice un’ampia intervista. La stesura della monografia, che appare da subito sapientemente divulgativa, consente una lettura scorrevole e mai ingolfata da gergalità tecniche o accademiche. Se l’obiettivo di questo volume era di fornire, a chiunque fosse interessato, gli strumenti per conoscere ed apprezzare in modo critico (nel senso più alto del termine) l’originale ed innovativo linguaggio performativo di uno tra i più interessanti artisti del nostro tempo, possiamo affermare senza timori che l’obiettivo è stato centrato in pieno.