La Magara, di Vito Lo Scrudato, un testo - di straordinario valore letterario e storico-sociale - che possiamo non impropriamente assumere tra le rare, autentiche cronache, a noi pervenute dopo il rogo che nel 1783 distrusse la sede dell'archivio del Santo Uffizio Palermitano. In quel rogo and perduta la totalit documentale dell' "opera" del Tribunale dell'Inquisizione in Sicilia. Di questa, rara testimonianza a noi pervenuta, sono gli atti di un processo che vennero custoditi a Madrid. Da quegli incartamenti processuali, alcuni dei quali redatti plausibilmente da Argisto Giuffredi, segretario del Tribunale dell'Inquisizione, ha genesi, in forma di saggio storico-letterario, la scrittura di Vito Lo Scrudato, edita nel 2001 per i tipi della casa editrice palermitana Sellerio. Dalla letteratura al palcoscenico. E' una Sicilia del cinquecento quella che fa da scenario a "A' Mavara", cos la scrittura per il teatro nata dall'incontro di Vito Lo Scrudato e Nini Ferrara. Una Messina che nel sedicesimo secolo contendeva il "primato" a Palermo capitale e che drammaticamente, a tratti grottescamente, pulsa nelle carte della esile, inappellabile imbastitura inquisitoria a carico di una giovane donna, Pellegrina Vitello, dichiarata rea di stregoneria. La drammaturgia si appropria del fatto storico assumendolo quale pretesto, primo movens, per addentrarsi non solo in un contesto storico, politico, religioso, in gran parte poco conosciuto alle pi late platee, ma soprattutto per insinuarsi, denudare, le pieghe pi intime di "brandelli d'anima" di uomini che vivevano giorni in cui i singoli destini erano sovente appesi al timore della capricciosa volitivit, invidia o gelosia, di un "prossimo" - potente o gente del popolo, indifferentemente - il pi delle volte sconosciuto; o alle esigenze di una societ, ancora intimamente intrisa del medievalismo aristotelico, che scossa nelle sue fondamenta dai crescenti fermenti religiosi, culturali, scientifici che provenivano da un'Europa proiettata verso l'era moderna, avvertiva la prioritaria necessit di riaffermare una sovranit ormai in evidente decadimento. In questo contesto si muovono i personaggi de "A' Mavara". Uomini e donne che quotidianamente ingaggiano con la vita una misera gara per sostenere il loro precario equilibrio sul traballante piolo della propria esistenza; ritualmente indossando abiti che li assimilano a grottesche maschere di un teatrino ove vitale per ognuno l'ineluttabilit del recitare il proprio ruolo. Cos le soro che si agitano affannosamente per reperire le loro prove - inconfutabili quanto aleatorie - a carico dell'ennesimo eretico luterano, bigamo, o mavara - strega - da assicurare alle imminenti cerimonie del 12 maggio 1555, giorno in cui si compir l'orrendo circo dell'auto da f dell'Inquisizione, a sancire il trionfo di un temporalismo religioso in celato conflitto ed apparente complicit col dispotismo del viceregno siciliano. E si trova, infine, "a' mavara". Una donna certamente estranea ai suoi stessi giorni; dono da consegnare pi che alla cecit di una giustizia settaria, alla autocelebrazione di un potere scellerato; una popolana, giovane avvenente invidiata; una "femmina" che vive il suo ruolo di moglie secondo i canoni di un tempo in cui il termine "donna" non era stato ancora coniato; una madre - sopra ogni cosa, una madre - che intuisce in pochi ingenui espedienti l'unica via per assicurare al figlio la decorosit di un quotidiano mai certo. Ed la ignorante faciloneria del suo stesso popolo che lascia correre - che vuole lasciar correre - di bocca in bocca episodi semplici, tramutandoli e travestendoli senza posa. In ci che pi teme soprattutto. Ed esorcizzando cos, lontano da s, timori impalpabili. Non diversamente gli espedienti di Pellegrina Vitello assurgono a malefiche stregonerie fatte di acqua, e olio, e sale, e formule incomprensibili miste a pater noster sussurrati appena. E nelle mani dell'Inquisitore ci quanto basta a formulare un'accusa che misura del suo potere. Un potere sordo ad una verit urlata, che nella confessione della mavara si fa gemito, nel terrore di una tortura i cui i segni resteranno indelebili sul proprio corpo, di una fine imminente tra le fiamme del rogo inquisitorio. Ma monsignor Bartholomeo Sebastian, Inquisitore e Vescovo di Patti, ormai un uomo giunto alla soglia della propria vita e dinnanzi a questo forse ultimo processo affiorano nella consapevolezza del proprio essere uomo le crepe di una coscienza che ha pudore di rivelarsi a Dio persino nell'intimit della preghiera. Solo il timoroso Giuffridi testimone, e specchio insieme, di un travaglio dell'anima che non pu dissiparsi. Non pi ormai. A' Mavara ha debuttato il 25 agosto 2007 presso l'Anfiteatro in Pietrarosa di Pollina (PALERMO) a conclusione del Workshop di Teatro "I Luoghi della Magara" sotto la direzione artistica del regista e drammaturgo Nini Ferrara.